Weltraum

              Sy

RECENSIONI in ITALIANO

 

 

BLOW UP #140

Il trio Weltraum riporta nel rock-impro-noise-elettronico, in altro contesto e in altro modo, lo spirito di indagine e il senso di mutazione morfologica degli AMM. Il punto di partenza può anche essere funk-rock sperimentale (traccia 3), ma il ruolo fisico delle percussioni e l’impressione, fortemente adrenalinica, d’un suono dritto (traccia 7, tra Killing Joke e Borbetomagus) non devono trarre in inganno. Non si fanno strizzatine d’occhio al basso ventre noise. La storia del progetto di P’ex, Luca Piciullo e SEC_ (Mimmo Napolitano) è segnata dal progressivo corrompersi del suono, che ora viene esposto come fosse un corpo aperto all’esplorazione chirurgica (traccia 2). Il fatto che, talora, si conservi una ritmica regolare significa solo che lo smembramento sta avvenendo con rigore scientifico. (7/8)

Dionisio Capuano

 

SENTIREASCOLTARE

Sette movimenti ondivaghi, sette tracce, sette rizomi.

Un rizoma è qualcosa di più di un arbusto: non ha linee, circola in particelle autoriproduttive, ha un dna multiplanare, è infinito al suo interno. Questi sono i Weltraum, ovvero P'ex (chitarra preparata e metalli), Luca Piciullo (batteria e campane), SEC_ (synth, elettronica e microfoni).

Un tempo adoravamo i Laddio Bolocko, c'era freschezza lì dentro, krauta ed ermeneutica; i Weltraum hanno il loro corpo senza organi appollaiato su quelle stesse coordinate fantasmatiche, ma in loro c'è l'infinita ciclicità del caos, la profondità oceanica di ciò che è occulto, la caduta tra la materia e l'antimateria. Si parlò per qualche stagione di quel miracolo chiamato The union of a man and a woman, con cui il gruppo in questione può condividere l'età, approssimativamente giovane, ma qui dentro non c'è taglio e ritaglio, questi brani sono totali perché  diretti, senza copia/incolla, suonano così perché sono così.

Concatenamenti collettivi, rotture e riorganizzazioni mimetiche, inversioni e cervelli deterritorializzati: "non c'è speranza" c'è scritto sulle note, non c'è veemenza, lasciate il cuore da qualche altra parte, perché qui ogni strumento è doppio, poi triplo e poi moltiplicabile al rizoma ed è quindi dovunque. L'ascoltatore è condannato a morte sotto questi suoni...

I Weltraum sarebbero capaci di far suonare un synth come un vulcano ed una chitarra come una meringa, hanno coordinate mentre non ci sono coordinate nel loro manifesto programmatico: prendono un suono e lo capovolgono, un barile di benzina diventa una pianta carnivora, una lastra di metallo un igloo per animali spaziali. Non si sa da che direzioni stiano arrivando gli schiaffi, i calci, se questi siano abbracci o addii. E' una musica che fulmina, che chiede attenzione alla stessa maniera di una persona che saluti da un treno e non rivedrai mai più. Non sai se dopo sarai esausto, morto, vivo e vegeto; quello che conta è rimanere collegati al tragitto, camminare sulle acque, sfondare montagne per trovarsi dall'altra parte del nulla. Segnatevi questo nome: mettetelo sulla lista nera oppure portatelo sulla vostra isola deserta ideale. Ne riparleremo in sede appropriata.

(7.7/10)

Salvatore Borrelli

http://www.sentireascoltare.com/recensione/6198/Weltraum-sy.html

 

ONDA ROCK

Dopo svariati live, registrazioni di prova a nome Visione Sinfonica Di Immagini Represse (in quintetto) e un pregevole Ep di debutto "Traum/Trauma" contenente due lunghe escursioni post-rock, i napoletani Weltraum (ora in trio: Mimmo Napolitano, Luca Piciullo e Giuseppe Esposito) realizzano "Sy", il loro debutto su lunga distanza, per chitarra preparata, live electronics, distorsori, batteria, percussioni trovate e microfoni a contatto.

La potenza d'interplay dei tre trasforma ogni brano di "Sy" in qualcosa di dirompente, in grado di rievocare tanto le Stelle di Mario Schifano quanto Sun Ra, tanto i Supersilent quanto gli Starfuckers.

"Sy 1" è un'improvvisazione collettiva free jazz di brada violenza (dapprima puramente elettronica, poi in plenum); una breve orchestrazione paradisiaca di mellotron sovrasta il baccano omicida e introduce "Sy 2", in cui ritorna l'incipit di magma dissonante ed emergono battiti tribali e folate demoniache, che poi cangiano in rumori random degni dei primi Bad Seeds. In "Sy 3" il battito metronomico di batteria è reso caotico a poco a poco dalle interferenze cacofoniche, per giungere a quella che per i Chrome potrebbe essere definita "estasi".

La più originale è la sesta parte, per soli piatti, campanacci e oscillazioni ultra-psichedeliche, ma non meno sconcertante è il terremoto di timpani, suoni alieni e andamento panzer di "Sy 4". Lo sposalizio mostruoso tra la distorsione atonale alla Big Black e i riff straziati di Captain Beefheart coesiste, in "Sy 5", con elementi techno-androidi.

Curato dal solo Mimmo Napolitano, in vece di factotum (auto)produttore (aka "SEC_"), è uno dei più avventurosi dischi italiani degli anni 2000, con pochi rivali tanto dal punto di vista dell'aggressione fonica quanto da quello dello sforzo intellettivo. Una fibrillante disgiunzione armonica. Liberamente scaricabile dal sito della Second Family Records.

7/10

Michele Saran

http://ondarock.it/recensioni/2009_weltraum.htm

 

 

AUDIODROME

I Weltraum suono un trio che utilizza sintetizzatori, chitarra e soprattutto percussioni.

Con questo assetto danno vita a Sy, che è un disco incentrato appunto su percussioni e rumore. Loro stessi parlano di “no melody, no meaning” e in effetti non si può che essere d’accordo: il suono è lì nella sua brutale semplicità, si stratifica su altri suoni, sulle mille sfumature che uno stesso oggetto colpito può offrire all’orecchio. Sy è come una strana macchina primitiva e sgangherata che si mette in moto ed entra progressivamente a pieno regime: chi ascolta ci si può perdere dentro, ma non è detto che debba trovarvi un significato. Colpiscono l’energia devastante che certe tracce riescono ad acquisire, la compresenza di caos e ripetizione ipnotica, l’impatto che tutti gli strumenti tradizionali (e non) riescono a produrre quanto vengono impiegati contemporaneamente. Qualcosa di radicale nel senso che arriva alle radici del tutto, a quando rumore e musica erano qualcosa di indistinto che solo dopo sarebbe stato codificato. Le codifiche, però, possono essere molte di più di quelle a cui la tradizione ci ha abituato. Non è necessario prodursi in presuntuose e velleitarie dissertazioni accademiche, mentre è sufficiente indicare che se qualcuno sente qualcosa nella testa quando ha a che fare con generi come noise, noise rock, industrial o con band del periodo post-punk, probabilmente avrà già capito cosa avrà di fronte quando in poche righe nomi e aggettivi come “percussioni”, “impatto”, “primitivo” si sono subito affastellati. Da provare (è anche liberamente a disposizione, del resto).

4/5

Fabrizio Garau

http://www.audiodrome.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=6114

 

KATHODIK

Livido e chirurgico noise rock.
Weltraum, è aggressione lucida, fatta di tagli netti e profondi.

Opera rilucente “Sy”.

Il trio composto da P'ex, SEC_ e Luca Piciullo, attinge a piene mani, dalla lezione nevrotica di DNA, Neubauten, Swans, This Heat (e dunque, per forza di cose, con la circolarità kraut ed i suoi migliori interpreti moderni, Laddio Bolocko).

Questione di detriti, maneggiati, analizzati, e successivamente spostati dal proprio cammino.
Nessuna concessione gratuita, alle attuali forme di noise, nessun autocompiacimento da soddisfare.
Le ascensionali aperture tonali della seconda traccia, chiariscono il concetto.

Il funk splendidamente inceppato della terza, manda in soffitta, il lavoro dei Foodsoon; altroché.
La quinta, un incredibile sferragliamento  Killing Joke, che pare veramente Jaz e Geordie alle prese con la migliore ispirazione.

Timbriche secche, taglienti, metalli e legni, in eruzione impro (subito riportati ad una temperatura più che gelida).

Il suono di una città perennemente stanca.
Aufgehoben in dolce versione colloquiale.
Weltraum, è una storia, che dell'industriale, prende in prestito, la visione netta, e, degli sfracelli attuali, adopera la lente d'ingrandimento del particolare, esaltato sino alla dispersione in granuli impalpabili.
Chitarra, metalli, synth, elettronica, microfoni, batteria e campane, che si lanciano in una dissennata forma roots, consona alla città di appartenenza.

Weltraum, è vertigine.

Prima o poi, ve ne accorgerete.

Promesso.
Di prepotenza; fra i migliori lavori del 2010.
Il confronto, è d'obbligo.

(comprate il cd e sbattetevi per farli suonare dalle vostre parti, questo; è un consiglio amorevole)

Marco Carcasi

http://www.kathodik.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=4084

 

ROCKERILLA #353

Destrutturato e ricco di tensione, il nuovo lavoro dei Weltraum si apre alla concitazione digitale di ritmi ossessivi e interferenze elettroniche, privilegiando un approccio diretto alla composizione in cui non c’è spazio per la facile melodia. Seguendo la strada della sperimentazione e dell’improvvisazione, costruendo architetture oblique attraverso materiali sonori decisamente ostici, i Weltraum ripercorrono le strade del post-rock in stile Skin Graft per oltrepassarle con spirito iconoclasta. Un ruolo fondamentale è poi quello delle chitarre, preparate ed eccessive quasi a ricordare la lezione di John Zorn o le incursioni fuori dall’ordinario di Arab on Radar e Bz Bz Ueu. Un’esperienza sonora di consapevole entropia che cerca di confrontarsi con quanto accade nel resto dell’Europa.

7/10

Michele Casella

 

MPnews

Ne è passato di tempo da quando i Visione Sinfonica, ancora giovanissimi, si affacciarono sul mondo con una miscela di noise e post-rock vecchio stampo, in vero non entusiasmante. Oggi ridotta a trio e col nome mutato in Weltraum, la band di Napoli giunge al suo primo album ufficiale. Come descrivere la proposta di Mimmo "SEC_" Napolitano (tastiere), Giuseppe "P'ex" Esposito (chitarre) e Luca Piciullo(batteria)? Potremmo forse ancora parlare di miscela noise e post-rock, ma il "vecchio stampo" risulterebbe questa volta fuoriluogo. Maturati da anni di esperienza sul campo e costante ricerca, i Weltraum producono oggi musica a cui non è semplice trovare equivalenti nell'ambito del rock italiano, tenendo presente l'arretratezza della nostra scena alternativa. I sette brani, rigorosamente senza titolo, rappresentano un avventuroso attorcigliarsi di suoni scrostati e urticanti: se di post-rock si può parlare, il collegamento non va rintracciato nella scuola classica, ma in sghembi outsiders quali Laddio Bolocko, You Fantastic, i dimenticati Village Of Savoonga (emanazione parallela dei Notwist). Se poi il giochino della linea temporale vi affascina potete scorrere indietro sino ai This Heat: del resto, essendo la loro musica ancora attualissima, ricordarla non può che rappresentare un vanto. Durante il percorso si incontrano così groove scarnificati e ossuti, matematicamente puntigliosi, incastrati con chitarre-rasoio in architetture che però non determinano mai il brano, al limite fungono da oasi al centro del marasma: strutture lipperlì rigide, ma destinate a sfaldarsi e a tornare nel caos da cui sono emerse, fra oggetti metallici percossi freneticamente, sfrigolii elettronici, sirene e raggi laser, giochi di microfono e ogni sorta di bizzarria possiate immaginare. Curioso notare quanto su questo versante, sicuramente più ostico e difficoltoso da controllare rispetto alla componente rock, il trio rimandi alla scena impro europea di qualche decennio fa (il lavoro percussivo ad esempio, che sembra pescare dalla lezione di Han Bennink) più che a quella attuale roteante fra Austria e Inghilterra. Quello che al disco manca per essere perfetto è una maggiore apertura melodica: non che la musica non sia coerente, anzi impressiona per solidità progettuale, sono però talmente suggestive le maree di tastiere dal sapore cosmico (qualcuno ha detto Tangerine Dream?) che si aprono al termine dei primi due brani, che vorremmo incontrarle più spesso nella prosecuzione dell'opera. Del resto, quando ci viene mostrato qualcosa di luminoso, non è umano desiderarne un prolungamento il più appagante possibile? Concludendo, e cercando di essere concreti: la band possiede un proprio sito internet, mediante il quale è possibile foraggiarne il talento. A buon intenditor...

7/10

Federico Romagnoli

http://www.mpnews.it/index.php?section=articoli&category=35&id=4995/

  

 

SODAPOP

A volte basta che uno recensisca due dischi o che suoni che dopo un viaggio ti ritrovi pieno di materiale nuovo (in questo caso ottimo) di cui occuparti; a questo punto più che altro mi domando perché invece di farmi prendere dalla passione per la musica (e per di più storta) non mi sono fatto conquistare dalla passione per la phiga (Elio docet)... pensateci: forse tornerei a casa con fior fiori di compagne, oppure rischierei di averne vista così tanta da meritare una laurea in ginecologia.
Dilemmi che non vi fanno dormire la notte, vero? Lo so, non ci dormo neppure io, ma resta che sono tornato a casa dal Tago Fest e da Napoli con parecchio materiale interessante. Ora, io credo di essere parecchio snob per ciò che concerne la musica e per nulla preda di facili entusiasmi: quindi, se con questa puntualità mi capita di rimanere colpito da materiali italioti, forse e ripeto forse il livello musicale e produttivo sta diventando parecchio valido? Non saprei dire per ciò che concerne rock e dintorni, ma sulla sperimentazione direi che la cosa è confermata da più indizi. Se anche non conosceste i Weltraum a più riprese parlando degli A Spirale abbiamo menzionato quel SEC_ che è direttamente coinvolto in molte delle loro recenti collaborazioni, a partire dal mastering e dal mixaggio del loro ultimo disco cosa che ha fatto passare le produzioni dei partenopei ad un livello veramente notevole. Credo che il gruppo sia partito come una sorta di formazione shoe-gaze o qualcosa del genere, ma la mutazione è a dir poco stupefacente, infatti ora ci si trova di fronte ad un trio (batteria, synth-electronics, chitarra) che sta in bilico fra primi Einstürzende Neubauten, post-punk completamente demolito e abbozzi di avant-rock/noise-industrial-tribale. Un disco astratto, poco melodico, per nulla acerbo e molto cupo, alla faccia della tradizione che vuole i napoletani come gente solare (non per nulla i Contropotere e gli Underage dimostrano il contrario): no-wave e industriale a piene mani, da un minuto all’altro mi aspettavo di sentire la voce di Arto Lindsay oppure quella di Blixa, soprattutto il primo dei due visto che in certi passaggi i Weltraum mi hanno ricordato parecchio i DNA dei tempi andati (a male), ma la voce non c’è... e sentendo le tracce mi sembra anche piuttosto evidente che non serva. Rispetto alla versione demo che avevo sentito del disco, la versione ufficiale contine una traccia in più ed una grafica digipack di ottima fattura che fa ben sperare per la neonata Toxo records. Gran bel gruppo, da tenere d'occhio.

Andrea Ferraris

http://www.sodapop.it/rbrth/content/view/772/9/

 

 

KRONIC

Deragliamenti da caos urbano

Passati attraverso l'esperienza dei Visione Sinfonica, i Weltraum esordiscono nel 2006 con Traum/Trauma Ep. Dal 2008 diventano un trio (chitarra, batteria, elettronica ed impronte rumorose varie) di cui Sy è la prima, concreta, emanazione.

Nel confine dell'altro sonoro il progetto assume, senza alcuna difficoltà, una sua dignità. Claustrofobia velenosa, perchè acuminata e penetrante nello sviscerare un concetto di musica rinnegandolo, prima, ed accettandolo, poi. Senza apparente soluzione di continuità, il noise scorre evitando ammiccamenti a potenziali sensibilità strumentali, rimbombando all'interno di una fasulla apatia destinata a rendersi epilettica durante le (frequenti) screziature metalliche. Fredde, se non gelide.

Da seguire con cura, come ogni rarità consapevole.

Il disco è scaricabile gratuitamente dalla netlabel Second Family Records

3/5

Marco Delsoldato

http://www.kronic.it/artGet.aspx?cID=38432